mercoledì 2 maggio 2012

2x05 - Hunger Games: politica e reality


Se avete temuto per un attimo che i nostri strapagati politici potessero lucrare ancora a nostro discapito, tranquillizzatevi: per quanto meriterebbero molti di loro di partecipare ai giuochi, mi appresto a recensirvi l'ultimo successo cinematografico tratto dall'ennesimo fenomeno letterario, Hunger Games.

"Guerra, terribile guerra. Vedove, orfani, figli senza madre: questo fu la rivolta che sconvolse la patria. Tredici distretti si ribellarono contro il paese che li nutriva, li amava, li proteggeva, finché nulla rimase. E poi venne la pace, combattuta, conquistata... il popolo si risollevò dalle ceneri e una nuova era vide la luce. Ma la libertà ha un prezzo: giurammo insieme che mai più avremmo conosciuto un simile tradimento, perciò fu decretato che ogni anno i distretti di Panem avrebbero offerto in tributo un giovane uomo ed una giovane donna per un combattimento mortale in una gara di onore, coraggio e sacrificio. L'unico vincitore coperto di ricchezze avrebbe testimoniato la nostra generosità e il nostro perdono. Così ricordiamo il nostro passato, così salvaguardiamo il nostro futuro."

 
Con queste parole pronunciate nel video proiettato nel corso della mietitura -così viene chiamata la selezione dei candidati-, si alza il sipario sulla settantaquattresima edizione degli Hunger Games. Una competizione annuale che se da una parte indossa la maschera della evento sportivo tipico dei gladiatori romani, sotto di esso cela un chiaro messaggio governativo che suona come un promemoria volto allo scopo di ricordare chi comanda e cosa succede a chi trasgredisce. Protagonista indiscussa di questa storia, è l'adolescente Katniss che si offre volontaria per salvare la sorella minore Primrose, sorteggiata originariamente in quanto rappresentante femminile del dodicesimo distretto. Sin dal momento della partenza della ragazza, è chiaro che nonostante le atmosfere ansiotiche, la condizione di povertà, fame e prigionia che contraddistingue l'ambiente e  che richiamano i campi da concentramento nazisti, non ci si trova di fronte ad un mondo fantastico, ma ad un post-apocalittico mondo futuro, in cui il Nord America non esiste più, e gli stati sono stati unificati nel fantomatico paese di Panem, per l'appunto suddiviso nei tredici distretti e amministrato dalla città più ricca, grande e facoltosa, in cui si ospiteranno i giochi, Capitol City.


Se in tutto il resto del paese, intere famiglie col cuore spezzato dal dolore e dalla paura di perdere i propri figli pregano la loro salvezza, a Capitol City, gli Hunger Games vengono visti come il più importante evento televisivo al mondo: i candidati dei distretti vengono infatti curati da estetisti e stilisti nel corso della cerimonia d'apertura e successivamente addestrati all'utilizzo di armi in un'accademia apposita al fine di prepararli al meglio per la gara e ancor prima esibirsi di fronte a personaggi di spicco nel mondo della politica e dello spettacolo per guadagnarsi la rispettiva simpatia e aggiudicarseli come sponsor nel corso della competizione. La connotazione prettamente scenica oscilla dal grottesco al terrificante, e riecheggia pesantemente la denuncia sociale oltre che un prospetto di quello che potrebbe capitarci un futuro: nella società odierna infatti, è già capitato che un reality show testimoniasse la nascita di un bimbo, se la vita finisce in diretta perché non dovrebbe farlo la morte? I partecipanti vengono portati in programmi, intervistati e fatti scherzare con idoli dello spettacolo e su di essi viene pure ricamata un'immagine che al solo scopo di renderli simpatici al pubblico e farvi presa. Una grandissima orchestra di falsità ed ipocrisia, in cui bisogna sorridere e far fronte alle avversità in abito da sera e tacchi a spillo, quando poche ore dopo è possibile ritrovarsi ridotti a carne da macello. Motivo per cui l'altro tributo -così vengono chiamati i candidati sacrificali- del distretto dodici, Peeta, conscio di non aver particolari abilità fisiche o talento nel combattimento e nell'utilizzo di armi, decide di far breccia nel buon cuore della gente inscenando una relazione sentimentale con Katniss che su consiglio del suo mentore (figure rappresentate da vincitori delle passate edizioni), asseconda l'amico. Al termine dei vari riti cerimoniali, il gruppo di partecipanti viene portato in un'arena virtuale che ha l'aspetto di una foresta in cui sono disseminate trappole, animali e insidie di ogni tipo, oltre che di telecamere che riprenderanno in diretta mondiale lo svolgimento dei giochi. Ciclicamente un colpo di cannone scandisce le morti dei partecipanti, finché non ne rimarrà soltanto uno.


Non mi dilungherò oltre nel raccontarvi l'articolata e sorprendente storia scritta da Suzanne Collins e portata sullo schermo da Gary Ross; vi basti sapere che vi terrà con gli occhi incollati allo schermo: la trama infatti è scorrevole e il senso di ansia che lo spettatore respirerà immedesimandosi nelle tristi vicende di Katniss e Peeta terrà loro compagnia per più di due ore. Se ciò che vi spaventa è l'idea di trovarvi di fronte a scene di violenza inaudita con sangue e mutilazioni, state tranquilli: le scene più concitate vengono spesso rese sfocate, scure o quasi inebriate da una regia mossa ed ubriaca, da una parte per andare incontro alle esigenze di un rating +13 imposto dalla Lionsgate e dall'altra per rappresentare a pieno la percezione della realtà vista da Katniss. Una menzione d'onore inoltre alla cura data alle ambientazioni a metà fra un passato devastato ed un futuro dal design pulito e tecnologico, in cui le variopinte e più disparate figure amano sperimentare look, capigliature ed abiti dai colori sgargianti e con nomi e personalità rindondanti. Il cast brilla, e la colonna sonora che li accompagna non stona, amalgamandosi ogni volta alla situazione trattata. Non ho letto il libro originale da cui il film è tratto, ma so che la Collins ha scritto la sceneggiatura a quattro mani con Billy Ray, sceneggiatore del film, e che i fan oltre oceano l'hanno amato, quindi si sentano relativamente tranquilli alla visione.


Sulla falsa riga di Battle Royale e Roller Ball, l'idea di adolescenti o talvolta, poco più che bambini che si ritrovano scaraventati in una realtà in cui l'unico modo di salvare la propria vita è porre fine a quella altrui, per compiacere la volontà governativa ed esaltarne il potere giustificandola come una celebrazione alla pace, è sconvolgente; così come la diversità dell'utenza che ne è solita usufruirne: da una parte la ricca e ipnotizzata popolazione di Capitol City che considera l'evento uno spettacolo fine a sé stesso, dall'altra la popolazione sottomessa e schiavizzata dei dodici distretti, a cui funge da monito in caso di sommosse e rivolte del caso. Agli occhi dell'autrice, "il confine fra un reality show e le notizie di guerra ha iniziato ad apparire realmente difficile da stabilire e se fra di esse entra in gioco il governo, questa realtà in un futuro non molto lontano potrebbe trovare conferme".


Primo capitolo di una trilogia, Hunger Games spezza l'ordinario e conduce lo spettatore in un terribile, cruento e grottesco gioco che non cade mai nella volgarità o nella più scialba delle violenze gratuite, con una trama accattivante, personaggi carismatici ed un ritmo piuttosto serrato, rimane una ventata d'aria fresca nel panorama cinematografico moderno ed un diversivo dal qualunquismo che ultimamente il palinsesto è solito presentarci.

1 commento:

  1. Ho divorato tutta la trilogia (il terzo capitolo solo in inglese), ma ho paura a vedermi il film. Non so, forse perché il primo libro è stato il più bello, secondo me, e ho paura che le sfumature e le censure del film smorzino la bellezza del romanzo.
    Boh, non so se darmi alla versione in pellicola.

    By V. Thun

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