domenica 11 gennaio 2015

5x03 - American Sniper: (quasi) nel mirino


American Sniper si ispira all'omonima biografia di Chris Kyle, il cecchino più letale che la storia militare americana ricordi; quando si realizza un biopic ci sono diverse cose di cui tenere conto: fedeltà a quanto narrato, condensazione degli eventi in base al minutaggio capendo quali elementi tagliare, quali sintetizzare e quali invece enfatizzare e romanzare ed infine visione soggettiva del regista sul messaggio da lanciare. Clint Eastwood in tutto questo, riesce a metà.



Ma fughiamo ogni dubbio: American Sniper è un buon film, e va visto. Ma non è una pellicola eccelsa, ed è pregna di difetti: il montaggio è confusionale e rende alcune scene e lassi temporali poco chiari, si pone attenzione su dei personaggi poi letteralmente scomparsi dalla sceneggiatura, e il finale è stato lasciato morire quando poteva essere gestito davvero meglio. Invece, funziona tanto Bradley Cooper che qui viene mostrato provato anche da un punto di vista fisico anche se sulla caratterizzazione psicologica e l'introspezione si poteva spingere molto di più il piede sull'acceleratore. Moustafa, la nemesi di Chris è stato invece rappresentato pregno di cliché tipici dei villain dei war movie, senza alcuno spessore.


Eastwood catalizza l'attenzione degli spettatori sull'aspetto "procedurale" della guerra: poca introspezione, solo una sequenza infinita di azione quasi documentaristica che viene spezzata solo per mostrare le fasi delle conseguenze della guerra stessa al di qua del mirino quando Chris ritorna a casa dalla sua famiglia e si sente quasi parte di una realtà artificiosa e superficiale che nella sua quotidiana tranquillità ignora quante vite vengano spezzate dall'altra parte del mondo. Scindere le due realtà ha donato maggior carattere alla sceneggiatura, ma essendo la stessa tratta da un'autobiografia, si sarebbe potuto dire molto di più sulle emozioni, i pensieri e gli stati d'animo del personaggio interpretato da Bradley Cooper. Ci sono un paio di scene che funzionano davvero bene a livello di simbolismi, ma di cui non parlo per evitare spoiler del caso


American Sniper, ripeto, è un buon film, ma si pone diversi gradini sotto un altro film dello stesso genere uscito qualche anno fa e di cui a questo punto vi consiglio spassionatamente la visione: The Hurt Locker. Con quest'impostazione secondo me American Sniper avrebbe potuto funzionare decisamente molto meglio.

lunedì 5 gennaio 2015

5x02 - Galavant: canterete il suo nome


Cavalieri, spade, dame in pericolo e... canzoni demenziali. Questi sono gli ingredienti Galavant, musical comedy di ABC di ambientazione fiabesca che strizza l'occhio ai più grandicelli. Nonostante non sia proprio il mio genere, il trailer (che avrete modo di visionare in coda alla recensione) mi aveva incuriosito quanto bastava per dare un'opportunità al pilot che ho trovato sorprendentemente leggero e godibile. La trama non ve la racconterò perché nel giro di 20 minuti gli eventi si susseguono tutti piuttosto freneticamente e il ritmo della narrazione mi impedisce di accennarvi il plot senza incappare in spoiler del caso, quindi vi basti sapere che la storia vede contrapporsi il prode cavaliere Galavant contro l'armata del crudele Re Richard. La chiave di lettura predominante sono le canzoni tutt'altro che smielate e caratteristiche dei cliché tipici del genere ma molto intelligenti, brillanti e con una punta di cinismo che non guasta, mostrandosi complici alcuni riferimenti sessuali, un prodotto rivolto ad un pubblico di giovani adulti più che ragazzini. Tuttavia anche i dialoghi riescono a rendere spiritose scene che invece nella loro semplicità puzzerebbero di già visto, e permettono di empatizzare con i personaggi di cui si vuole prendere le parti (e mi spiace per l'eroe ma io sono fra le fila del villain, Re Richard, magnificamente caratterizzato da Timothy Omundson che ho imparato a conoscere ed amare in Psych).


Il prodotto si presenta come una miniserie di 8 episodi da 20 minuti l'uno e non è chiaro se la storia avrà successive stagioni oppure no, in quanto la mid-season è stata composta come fill-in per Once Upon a Time; credo che tutto sia riposto nelle mani degli showrunner che fin quando sapranno rendere briose e fresche le sceneggiature episodio dopo episodio guadagnandosi l'affetto degli spettatori, quest'esperimento potrà ripetersi. Ma è difficile primeggiare su un network che è tristemente famoso per il record di cancellazioni...


Siamo chiari: Galavant NON È un capolavoro e tanto meno un titolo imprescindibile, ma non mira neanche ad esserlo. Se cercate un prodotto frizzante e scorrevole con cui ingannare il tempo o i momenti di noia sarà strapparvi più di qualche risata.

giovedì 1 gennaio 2015

5x01 - Marco Polo, tra storia e fantasy


Per evitare il bandimento dalla Via della Seta dal Kublai Khan, nipote del terribile Gengis, il mercante veneziano Niccolò Polo offre come pegno la vita di suo figlio, Marco. Il ragazzo alla corte del conquistatore mongolo viene sottoposto a lezioni di scrittura per imparare la lingua ed arti marziali, poiché dovrà provvedere da solo alla propria difesa. Ben presto il latino -così viene chiamato dagli orientali- si ritroverà catapultato all'interno di intrighi e lotte di potere fra Mongolia e Cina dove vestirà il ruolo di osservatore e consigliere, in cui la guerra il più delle volte è un pretesto per portare a compimento i fini personali di chiunque parteggi per le parti in causa.


Questo è solo l'incipit di Marco Polo, un esperimento mediatico globale di proporzioni inaudite: la produzione dei dieci episodi che compongono la prima stagione ha superato i 90.000.000 $. Budget impiegato nelle spettacolari riprese in esterno all'interno dei territori in cui la storia viene esplorata (Italia, Mongolia, Cina e Turchia) ed aver impiegato migliaia di comparse (seconda in numero solo a Game Of Thrones), oltre che per la costruzione di imponenti set e il noleggio di strutture fatiscenti e la scelta di un cast internazionale di livello. Infatti, ci verrà subito facile riconoscere nei volti di Niccolò e Marco rispettivamente Pierfrancesco Favino (non nuovo ai blockbuster internazionali quali Angeli & Demoni, World War Z e Rush) e Lorenzo Richelmy (Sotto Una Buona Stella, 100 Metri dal Paradiso, I Borgia), così come apprezzare le performance di figure di spicco del cinema asiatico quali Benedict Wong (Kiss Kiss Bang Bang, Prometheus, Kick-Ass 2) e Chin Han (Il Cavaliere Oscuro, Captain America: The Winter Soldier, 2012), tutti nomi di professionisti che oltre che consolidare il proprio talento al cinema ed in televisione hanno formato le basi della propria carriera direttamente a teatro.


Ma se Marco Polo è senz'altro un prodotto ben confezionato nel suo involucro, non risulta certo trascurato nei contenuti: una fotografia ed una regia di livello in grado di farlo competere con prodotti quali Breaking Bad, una sceneggiatura vincente tanto realistica negli eventi storici quanto romanzata nelle situazioni sentimentali, dialoghi brillanti e personaggi a cui è davvero impossibile non affezionarsi. Le motivazioni che armano i singoli personaggi sono credibili, realistiche e per nulla scontate, e la storia in un crescendo avvincente di colpi di scena regala villain carismatici ed un grande cliffhanger finale. Particolare cura è stata donata anche alla colonna sonora d'impatto ed incisiva specie nelle lunghe sequenze d'azioni acrobatiche e ottimamente coreografate nella loro tecnica che nonostante la freniticità risultano sempre fruibili nel più piccolo passaggio.


È difficile trovare difetti in Marco Polo, probabilmente la si potrebbe definire una serie non per tutti: davanti ad un calibro tecnico e narrativo di questi livelli, una sceneggiatura impegnata ne è la naturale conseguenza e chi cerca storie contemporanee e leggere con un linguaggio più dinamico, fresco e popolare sicuramente potrebbe non apprezzare il masterpiece curato da The Wenstein Company. Se questo è l'andazzo che la serie avrà per le successive stagioni, Marco Polo non solo si confermerà una visione obbligata quanto imperdibile per gli amanti di televisione di qualità, ma la migliore serie tv Netflix ad oggi prodotta, superando anche Orange Is The New Black ed House Of Cards.