sabato 27 aprile 2013

3x02 - Doppia recensione per Iron Man: Rise of Tecnovore + Iron Man 3!


Quando un anno fa uscì al cinema The Avengers, le regole dei film supereroistici furono riscritte: l'idea di un film corale ed un progresso di storie più grandi ed articolate che continuava di capitolo in capitolo tramite le pellicole dedicate ai singoli protagonisti, non era mai stata presa in considerazione prima a causa di personaggi facenti parte sì di uno stesso universo (e ragionando più localmente, persino della stessa città...), ma appartenenti a major differenti. Ora che la famigerata fase uno si è chiusa, la seconda ha inizio con il terzo ed apparentemente ultimo capitolo, della trilogia di Iron Man.  Il saluto al genio miliardario playboy filantropo, viene dato in duplice forma con un lungometraggio d'animazione prima ed un live action poi. Essendo il primo collocato temporalmente fra Iron Man 2 ed Iron Man 3, comincerò con il parlarvi di questo per prima; avviso che mi è impossibile esporre un parere completo senza incappare in alcuni spoiler. Se quindi volete vedervi i film senza rovinarvi dettagli della trama, vi consiglio di interrompere la lettura qui, viceversa, proseguite dopo il salto.


Iron Man: Rise of Technovore, è un film animato prodotto da Mad House (Batman: Gotham Knight, Last Order: Final Fantasy VII, Metropolis) collocato nell'universo cinematografico Marvel (e non in quello animato recentemente o il canonico dei fumetti). La storia ruota attorno al personaggio di Ezekiel Stane, figlio di Obadiah (sì, l'Iron Monger del primo film, bravi), che sottoposto ad alcuni pericolosi esperimenti, è risultato in grado di controllare i tecnovori, una nuova e pericolosa biotecnologia in grado di disintegrare le composizione cellulare di armamenti elettronici e meccanici, nonché organismi in carne ed ossa. Dopo un attacco diretto alle Stark Industries, Iron Man disubbidisce agli ordini di Nick Fury e dello S.H.I.E.L.D. per scoprire la verità nascosta dietro alla nuova e pericolosa tecnologia che minaccia il mondo. Su binari paralleli, a collaborare con lui vi saranno anche Vedova Nera, Occhio di Falco e per la prima volta in quest'universo, The Punisher.

La storia è molto più cupa e profonda a dispetto dei toni affrontati nei film, per quanto la storia originale sia prettamente western, in quanto scritta da Brandon Auman, la direzione della stessa è chiaramente nippofila: il main villain di turno introdotto da Hiroshi Hamasaki è il classico ragazzino dal fisico esile dalla capigliatura emo e il passato tormentato. Apatico ed asociale, è spinto da desiderio di vendetta, visionaria giustizia e pura follia; il comportamento e i dialoghi incarnano le mode tipiche della generazione shonen attuale, facendo forse il verso a prodotti più importanti e grandi di lui. Tuttavia la cosa non stona ai fini del prodotto in quanto rivolto ad un pubblico che salvo eccezioni, raramente è solito a questo genere di caratterizzazione nelle serie o nei lungometraggi animati prodotti in America. La storia ha qualche punto debole e risulta prevedibile sotto molti aspetti, ma è comunque godibile vedere come alcuni personaggi collaborino fra loro offrendo dinamiche interessanti agli spettatori.
Dal punto di vista tecnico, il film svolge un lavoro buono, offrendo il suo meglio nelle scene d'azione rigorosamente in CGI. Il resto della pellicola è interamente girato in 2D con alcune scene in cel-shading. Alcune critiche vanno invece volte alla regia, che nelle scene dialogate si concentra su inquadrature fisse dedite a dettagli nelle ambientazioni (un ritratto, una foto in cornice, un paesaggio...) anziché i personaggi, quasi forse a voler sacrificare il budget a disposizione per la realizzazione, in favore delle scene d'azione. Molto buona la colonna sonora con alcune tracce particolarmente ispirate ed azzeccate, ma non memorabili. Il doppiaggio italiano è ben eseguito e per suscitare un senso di continuità con i film usciti al cinema, ripropone lo stesso cast usato per i live action, ad eccezion fatta per il personaggio di Punisher, mai introdotto prima per questioni legati ai diritti dello stesso, doppiato in originale da Norman Reedus (sì, il Daryl Dixon di The Walking Dead). Il prodotto, fine a sé stesso, è consigliato ai soli fan di Iron Man, che non disdegnano manga ed anime.


Iron Man 3 risponde invece in modo più serio ed articolato alla frase che Captain America aveva lanciato allo stesso Stark in The Avengers, poi divenuta tormentone in trailer cinematografici e meme: "Sei grosso con l'armatura, ma senza quella, che cosa sei?" e la risposta che ci viene data è disarmante, ma andiamo con ordine. Dopo l'assalto congiunto di Loki e dei Chitauri a New York, tutto è cambiato: provi esperienze al limite, e fatichi a ritornare alla quotidianità di tutti i giorni. Tony Stark dopo quell'esperienza non riesce più a dormire e soffre di continui attacchi di panico. Questo è dovuto al logico fatto che il brillante genio inventore delle armor-suit e del superuomo, diventi un semplice uomo di latta (non me ne voglia Oz), se paragonato a dei di altre dimensioni ed alieni con chissà quali conoscenze e risorse; la paura di perdere quindi l'amata Pepper attanaglia Tony al punto da costringerlo a cercare continui miglioramenti e upgrade, al punto d'allontanarlo sempre più dalla sua natura umana -nonostante rimanga schiavo delle più naturali emozioni-. In questo contesto, gli Stati Uniti hanno bisogno di regolamentare le armature ed averne qualcuna utile a scopo governativo -e non subappaltate allo S.H.I.E.L.D.-, qui entra in gioco War Machine, ribattezzato -e ricolorato- Iron Patriot. Nel frattempo giunge dall'oriente una minaccia terrorista decisamente pericolosa denominata Il Mandarino, i cui poteri e risorse superano l'immaginario americano e mettono in avvisaglia lo stesso Stark, che finirà vittima della sua stessa spavalderia.

Senza addentrarci troppo nella trama, visto che alcuni particolari li affronteremo poi, va subito specificato che dietro la macchina da presa non v'è lo stesso uomo dei primi due capitoli, Jon Favreau ma tal Shane Black... e la differenza si nota. Prendendo spunto dalla mirabolante trilogia de Il Cavaliere Oscuro, di Christopher Nolan, in cui per la prima volta ci si concentra di più su Bruce Wayne che su Batman, sull'uomo e le ragioni che lo portano ad essere il pipistrello, ora ci si concentra di più su Tony Stark che su Iron Man: per la prima delle due ore totali della pellicola, vediamo Tony vestire l'armatura davvero poche volte, e questo non è un male: il sacrificio dell'azione volto ad una sceneggiatura introspettiva per metà del film, non pesa allo spettatore, scopriamo un lato più umano e ci addentriamo con toni seriosi ad un approccio psicologico dapprima solo spolverato nei precedenti capitoli e che tramite analogie ci richiama lo stress post-traumatico tipico dei militari che tornano dalla guerra. Quello che non va tuttavia, è forse il modo con cui hanno deciso di propinarcelo.


Il Mandarino, interpretato come già visto nei trailer da un meraviglioso Ben Kingsley, non si rivelerà essere quello che immaginavamo, e che noi lettori dei fumetti ben conosciamo. Un nemico dal sicuro richiamo carismatico viene praticamente ucciso e ridotto a brandelli in fruizione di una trama piena di colpi di scena -non di quelli che fanno gridare lo spettatore al miracolo, esaltato da gaudio e tripudio, ahinoi- e un rivale ancora più spietato di cui però sinceramente non sentivamo il bisogno. La sfida fra geni miliardari l'avevamo già saggiata nel secondo capitolo, ce n'era davvero bisogno? Perché scomodare una figura che poteva essere usata con maggior sapienza e che poteva offrire numerosi spunti e possibilità in un'altra storia per chiederci ad inizio film e risponderci alla fine, se il vero Iron Man è la volontà di ferro nel cuore di Tony o l'uomo in armatura dalle mirabolanti capacità? Il messaggio è giusto, il mezzo usato per trasmettercelo invece è sbagliato. Tuttavia, il pubblico che conosce le gesta dell'uomo di ferro solo tramite le storie cinematografiche e non conosce i retroscena legati al fumetto originale, potranno trovare godibile questo terzo capitolo un po' più lento degli altri, ma con personaggi convincenti, trovate comiche molto carine ed un finale che ha proprio il sapore di un addio. Registicamente, Black fa il suo lavoro: il film presenta molti colpi di scena -alcuni pessimi, lo ribadisco- inquadrature spettacolari ed effetti speciali bellissimi, sottotono la colonna sonora a dispetto delle passate storie e al solito, buona la recitazione. Un Robert Downey Jr. forse un po' stanco, ma in linea con la personalità del suo personaggio, una Gwyneth Paltrow ancora più in forma, un Don Cheadle sfruttato poco, un Kingsley eccellente ma bistrattato da risvolti di trama atroci e un Guy Pearce sorprendente.


Personalmente non ho idea di come questo film possa inaugurare la fase due, c'è stata profonda delusione anche per la scena al termine dei titoli di coda che vista a sé stante è sicuramente simpatica, ma non offre niente di nuovo per quanto riguarda i futuri progetti dei Marvel Studios. Se quindi possiamo liberamente considerare
Iron Man: Rise of Technovore un piacevole intermezzo con qualche sbavatura pretenziosa in attesa del capitolo finale della trilogia, Iron Man 3 che Black voleva trasformare in una sorta di Canto di Natale, possiamo definirlo purtroppo un inaspettato Canto del Cigno, con un'uscita di scena davvero mediocre visto l'immenso potenziale a disposizione nei fumetti originali dell'editore e quanto così ben costruito con i precedenti film. Un'occasione sprecata, peccato.

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